40 anni per Luis Nazario de Lima, detto Ronaldo, semplicemente il Fenomeno

“Lui è come un pugile: KO facile e piedi da Fred Astaire”. Così lo scrittore Manuel Vasquez Montalban descrisse nel 1996 un attaccante brasiliano, nato il 22 settembre di vent’anni prima, che incantava il mondo con il suo strapotere fisico, i suoi dribbling ubriacanti e le sue finte a tutta velocità. Si chiamava Luis Nazario de Lima, detto Ronaldo, presto conosciuto in tutto il mondo come il Fenomeno. Un soprannome più che mai azzeccato. La sua stella è esplosa mentre quella di Maradona iniziava la parabola discendente, come se ci fosse un ideale passaggio di consegne tra El Pibe argentino ed il campione brasiliano. L’impatto di Ronaldo sul calcio globale è stato incredibile. Quando era in forma, era quasi impossibile fermare le sue scorribande. Era capace di tutto: poteva calciare dalla distanza o arrivare in porta dribblando tutti gli avversari, portiere compreso. Sapeva anche adattarsi a tutti i sistemi di gioco, dal tiki taka di stampo catalano al tatticismo italiano. Ci riusciva grazie ad una grande accortezza e ad un talento lontano dalla normalità. Proprio questo suo essere fuori da ogni logica, da ogni schema lo ha reso uno dei migliori di sempre, cambiando anche la percezione del modo di interpretare il calcio come confermò anche Jorge Valdano in un’intervista: “Io misuravo la sua velocità in termini umani e Ronaldo è un portento fisico che fa saltare tutte le previsioni di tempo e distanza”. Ronnie era così, geniale ed imprevedibile. Un tormento per i difensori avversari costretti a sorbirsi le sue accelerazioni o i suoi numeri da giocoliere, tutti conclusi allo stesso modo, con il Fenomeno che fuggiva verso la porta con il pallone incollato al piede. Costacurta lo definì “assurdo” ed “ossessionante” da marcare, mentre per Fabio Cannavaro fu “un extraterrestre”. Thuram raccontò che in una sfida contro il Parma, il brasiliano arrivò a scusarsi ironicamente per la sua manifesta superiorità. E non era certamente arroganza o supponenza. Riuscì a mandare in crisi persino un campione come Nesta, che, dopo aver perso la finale di Coppa Uefa 1997/98 contro l’Inter del brasiliano affermò di aver superato la delusione per la sconfitta, solamente dopo aver compreso contro chi si era misurato. Forse, proprie quel trofeo, il primo ed ultimo ottenuto con la maglia nerazzurra rappresenta il punto più alto della carriera del Fenomeno. Nemmeno la sua versione scintillante ammirata nel mondiale 2002 fu pari a ciò che fece in quella stagione. In quel 3-0 ai danni della Lazio è racchiuso un riassunto del miglior Ronaldo, fatto di finte da capogiro, scatti brucianti e di una visione del campo incredibile. Ed il gol, con tanto di dribbling ai danni del povero Marchegiani, a sigillare la conquista della coppa ed una prestazione su livelli incredibili. Il Parco dei Principi era ai suoi piedi. Poi vennero il Mondiale di Francia ’98 e gli infortuni, che condizionarono il rendimento del Fenomeno, ma non intaccarono mai l’immagine di un campione capace di sopravvivere ad ogni colpo basso della malasorte e di reinventarsi continuamente.