Il grande dilemma della finale di Supercoppa: maggiori i meriti del Milan o i demeriti dell'Inter?
Un derby di Supercoppa a due facce: tanto noioso e compassato nel primo tempo quanto esplosivo nella ripresa.
La Supercoppa l'ha vinta il Milan o l'ha persa l'Inter?
La domanda – legittima – che tutti si fanno è: l’ha vinto il Milan o l’ha perso l’Inter? In realtà entrambe le teorie hanno un certo fondamento: i rossoneri, più che dal punto di vista tecnico e dell’organizzazione di gioco (aspetti in cui sono senz’altro inferiori ai cugini nerazzurri), hanno avuto la meglio sotto il profilo caratteriale e nervoso. La loro reazione allo 0-2 targato Lautaro Martinez e Taremi, supportata dall’ingresso in campo del rientrante Leao, è stata veemente e per certi versi inattesa. Hanno sorpreso la grinta, la “ferocia” agonistica e la convinzione con la quale Pulisic e compagni hanno caricato a testa bassa, specialmente dopo la punizione dell’1-2 di Theo Hernandez, alla ricerca prima del pareggio e poi del gol del sorpasso. Allo stesso tempo ha stupito l’improvvisa vulnerabilità difensiva e psicologica dell’Inter, destabilizzata dalla rete di Theo siglata subito dopo il raddoppio di Taremi e, per la prima volta da parecchio tempo a questa parte, sfilacciata e disunita a livello tattico praticamente per tutto il secondo tempo. Tanto che, nella ripresa, la gara ha finito per assomigliare a uno spettacolare incontro di pugilato tra due combattenti con la guardia molle e abbassata. Certamente non quello che, in vantaggio di due gol, si sarebbe augurato Simone Inzaghi.
I ritmi frenetici del secondo tempo hanno favorito i rossoneri
I ripetuti capovolgimenti di fronte, con Inter e Milan lunghissime sul terreno di gioco, avrebbero potuto facilmente portare al 3-1 e poi al 3-2 nerazzurro (anche fortunato il Milan in occasione della deviazione ravvicinata di Carlos Augusto, carambolata sul palo e poi rimbalzata proprio a ridosso della linea bianca di porta) così come al 2-2 rossonero. Alla fine gli spazi larghi e l’insolita mancanza di equilibrio tattico di Barella e compagni hanno favorito l’undici di Sergio Conceicao, che poteva contare sugli strappi di un travolgente Leao e di un ritrovato Theo Hernandez.
E anche sul 2-2 le due squadre hanno ripetutamente sfiorato il gol della vittoria, in un’entusiasmante altalena di occasioni da rete che ha esaltato gli spettatori neutrali e messo seriamente a rischio le coronarie di interisti e milanisti. L’ultima parola ce l’ha avuta Abraham al 93’ (su assist del solito Leao), e la rimonta è stata così epica ed elettrizzante da non poter certo definire il successo rossonero immeritato. Va detto però che l’Inter, padrona del match sul 2-0, si è fatta irretire più a livello mentale che dal punto di vista tecnico e ha finito per perdere la bussola e le distanze in campo, mettendo in mostra lacune che raramente si erano intraviste nel corso della stagione.
Nessun campanello d'allarme per Simone Inzaghi, ma...
Insomma, nessun campanello d’allarme per Simone Inzaghi: un incidente di percorso in un cammino stagionale fin qui quasi illibato può sempre capitare. Semmai la consapevolezza che la Beneamata non può e non deve mai abbassare la guardia e smarrire quei principi tattici che le hanno consentito di assurgere al suo status attuale: quello di squadra da battere in Italia e di indiscusso top team a livello europeo.