Ora tutti danzano sui resti del "grande City"... Ma capitan Pep può invertire la rotta: la bellezza non è nemica della concretezza

Ora tutti danzano sui resti del "grande City"... Ma capitan Pep può invertire la rotta: la bellezza non è nemica della concretezzaTUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico Titone/BernabeuDigital.com
martedì 12 novembre 2024, 01:00Champions Insights
di Matteo Bordiga

Ora tutti danzano su quel che resta dello scintillante Manchester City che fu. I De profundis vengono intonati a gran voce da ogni parte: riecheggiano implacabili per il giubilo dei detrattori della filosofia guardioliana, tra gli sberleffi degli immancabili soloni del ‘io l’avevo detto’.

Quattro sconfitte nelle ultime quattro partite, effettivamente, fanno un gran rumore. Anche perché sono arrivate quasi tutte mettendo in luce gli stessi difetti, riproposti puntualmente dalla Premier League alla Champions in perfetta modalità copia-incolla. Eppure la faccenda, nonostante tutto, è un po’ più complessa di come appare. 

Gli affanni difensivi del City

I Citizens hanno mostrato una fragilità difensiva spaventosa, accentuata dal baricentro ossessivamente alto voluto da Pep che forse, in questo specifico momento, Bernardo Silva e compagni non si possono proprio permettere. Troppo facile infatti sorprenderli e prenderli d’infilata anche solo con cambi di campo panoramici o con semplici lanci lunghi in verticale. La tattica del fuorigioco non riesce quasi mai, e in ogni partita gli attaccanti avversari si ritrovano almeno due-tre volte faccia a faccia col portiere Ederson, chiamato a tamponare un’emorragia difensiva alla quale Pep continua a non trovare rimedio. In tal senso, l’assenza del Pallone d’Oro Rodri in mezzo al campo pesa come un macigno: lo spagnolo dettava i tempi di gioco e i movimenti a tutta la squadra, non solo al centrocampo. Le sue geometrie, le sue pause e le sue accelerazioni (in una parola, la sua intelligenza tattica) mancano maledettamente ai compagni di squadra.

Ma ultimamente è mancata anche la buona sorte

Però c’è un però. Le quattro sconfitte consecutive, oltre che dagli squilibri tattici dei Citizens, sono state determinate anche da una discreta dose di casualità. Tantissime infatti, ad esempio nell’ultimo ko di Brighton, le occasioni da gol dilapidate da Haaland e compagni, a volte per (clamorosa) imprecisione e a volte per interventi miracolosi (oltre che fortunati) del portiere avversario. E anche a Lisbona, in Champions League, nonostante la difesa del City sia stata tagliata a fette dalle scorribande di Gyokeres, Trincao e compagnia maramaldeggiante, un solo gol segnato non rende merito alla gran quantità di opportunità create dai Campioni d’Inghilterra.

Il City ha le armi per risorgere come un'araba fenice

In definitiva, la crisi c’è ed è inutile nasconderlo. Da qui però a esacerbarla pomposamente in una sorta di “chiusura di un’epoca”, “fine di un dominio” e “morte di una filosofia”, come si sente sentenziare in giro, ce ne corre. Il City resta una squadra meravigliosa, fucina caleidoscopica di idee e di soluzioni di gioco innovative e visionarie. Deve solo limare le proprie asperità ed evitare di “giocarsi troppo addosso”, rimirandosi allo specchio per contemplare una bellezza che, se esasperata, rischia di deragliare nello sciovinismo.

Alla ripresa delle competizioni, dopo la sosta novembrina, vedremo se l’amor proprio e l’orgoglio pungolato dei Citizens - uniti magari a un pizzico di sana, ritrovata praticità - propizieranno l’auspicabile inversione di tendenza.